Il suono del silenzio

Mi sono alzato presto, stamattina. Per arrivare all'altopiano sono necessarie diverse ore di cammino ed io voglio essere là entro mezzogiorno, quando il sole sarà alto nel cielo ed illuminerà le montagne restituendogli il loro pieno splendore. Stormy si è svegliata prima di me e reclama la colazione saltandomi attorno ed emettendo guaiti colmi di impazienza e di felicità. Dopo essermi preparato per l'uscita chiamo Stormy e la invito ad avvicinarsi e a starmi vicino mentre affronto il primo tratto della salita, il sentiero ci avvicina presto ad un bosco nel quale ci immergiamo con la voglia di ritrovare i segni di un nostro recente passaggio, un tronco abbattuto da un fulmine, un cespuglio di felci, i segni lasciati da un branco di animali selvatici.

Camminiamo per oltre due ore, il nostro traguardo non dovrebbe essere lontano, la boscaglia incomincia già a diradarsi, gli alberi un po' alla volta scompaiono per lasciare il posto a macchie di verde che timidamente fanno capolino. Un po' alla volta, rallentando il passo per recuperare un po' di energie, arriviamo in cima all'altopiano, l'erba è alta intorno a noi e lo spettacolo della natura che ci circonda ha un che di indescrivibile, montagne e montagne tutt'intorno a noi, le punte delle vette più alte ancora coperte di neve.  Compio un breve giro su me stesso abbracciando con lo sguardo ciò che mi si presenta davanti, anche Stormy sembra particolarmente eccitata e in preda a salti di gioia mi comunica il suo entusiasmo e la sua felicità. Tira un forte vento che però non è fastidioso, sembra quasi avvolgermi in un fresco abbraccio che profuma d'erba e di fiori selvatici. Dopo un po' mi siedo a terra, continuo a guardare le montagne, rifletto sul fatto che è incredibile pensare da quanto tempo siano lì, del fatto che erano li da molto tempo prima di noi e che ci saranno ancora quando noi non saremo più.

Mi sdraio quindi a terra, lascio che la freschezza dell'erba mi accarezzi la schiena, respiro a fondo, cerco di trattenere l'aria nei polmoni per rigenerarmi, per prendere energia vitale da mandare in circolo dentro di me, per purificarmi, quasi. Sto lì, in silenzio, con Stormy al mio fianco.

Ad un certo punto accade una cosa strana, Stormy emette un breve guaito, come quando avverte un pericolo o qualcosa che la turba. Giro il viso verso di lei e sto per chiederle cosa c'era che non andava e in quell'istante, in quell' istante ben preciso, il vento smette di colpo di soffiare. Sono come attonito, quasi stordito da quella improvvisa assenza, anche Stormy resta immobile, senza emettere un verso. Restiamo lì ad ascoltare il suono del silenzio, è un suono assordante che ti penetra a fondo nelle orecchie e che ti lascia senza fiato, che provoca un totale distacco dalla realtà, che ti prende e ti solleva da terra facendoti fluttuare dolcemente nell' etere. È un suono che senza suono emette tutti e tutti insieme i suoni dell'universo. Si vorrebbe afferrare quel suono, ghermirlo, renderlo riproducibile, portarlo via con sé, per godere dei suoi effetti, interminatamente. La mia mente smette di funzionare in modo logico, razionale e mi riporta immagini che riesco appena a percepire, luoghi lontani, senza memoria, visioni ataviche che mi suggeriscono flussi di coscienza incomprensibili. Rimango lì, non posso muovermi, non riesco a muovere un muscolo, come se un qualcosa di astratto si fosse impossessato di me. È una sensazione quasi di abbandono, quella che avverto, un lasciarsi andare ad un moto continuo che tutto avvolge. Ad un certo punto avverto una specie di stordimento che mi fa riscuotere e mi spinge ad alzarmi, a mettermi seduto. È a quel punto che mi accorgo che il vento ridiventato presenza ineludibile, ha ricominciato a soffiare.

Mi prendo del tempo per riscuotermi, per riprendere il giusto contatto con la realtà. Stormy, compagna infaticabile, mi è come sempre accanto e mi guarda con curiosità ed attenzione. Io ricambio il suo sguardo e rifletto, mi chiedo se quello che è successo non sia da attribuire al frutto delle mie fantasie oppure ad una parte inconscia di me stesso che è riaffiorata e si è manifestata in un modo così prepotente. Quello che so è che mi è successa una cosa incredibile, irripetibile ma quando racconto la mia esperienza ad altri vengo guardato come se mi fosse accaduta la cosa più normale di questo mondo. C'è forse differenza tra me e gli altri? Forse che ciò che vivo io come straordinario è visto dagli altri come la cosa più comune di questo mondo? Oppure ci si è solamente disabituati agli eventi eccezionali che ci accadono perché resi ormai normali da una subentrata incapacità di vedere il bello delle cose? Forse la parola stupore è un sostantivo ormai desueto, destinato a sparire dal vocabolario della lingua italiana? Non so dare una risposta a questi interrogativi, un amico mi ripete spesso che l'uomo è un essere progettato per farsi delle domande, non per darsi delle risposte, so che è giusto continuare a porsi dei quesiti, ad esprimere dubbi e perplessità, a non lasciare nulla di intentato per la ricerca di una personale verità.

Ora è tardi, siamo quasi all'imbrunire, Stormy ed io arriveremo a casa a notte fonda ma il buio non ci farà paura se nel buio scorgeremo una luce che ci inviterà a proseguire, ancora e ancora.

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