Cacciati dalla volpe
Questa è una storia vera, ogni riferimento a fatti, persone e situazioni non è assolutamente casuale.
Per la notte di San Lorenzo di qualche anno fa avevo organizzato una serata all'aperto a caccia di stelle cadenti con una ragazza che avevo conosciuto pochi giorni prima. Una bella ragazza davvero, molto simpatica e molto dolce ma, soprattutto, molto, molto romantica, come me.
Ci siamo dati un appuntamento, sono passato a prenderla "con la mia torpedo blu" e, con stuoie da mare e plaid al seguito, siamo saliti in collina. Il posto nel quale siamo andati (del quale taccio prudentemente il nome, come, del resto, il nome della ragazza in modo tale che chiunque e, contemporaneamente, nessuno si possa riconoscere in questa situazione, chi ha orecchi per intendere intenda) è una amena località in provincia di Cuneo e sul sommo della collina ospita, oltre l'immancabile chiesa che contraddistingue tutte le località e non solo quelle situate in provincia di Cuneo, uno spazio con tavoli e sedie in legno dove visitatori e turisti si possono dedicare ad attività come quella del barbecue.
Abbiamo cercato un prato non troppo lontano né dalla chiesa né dalla zona ricreativa appena descritta (la prudenza non è mai troppa), abbiamo steso le nostre stuoie e il nostro plaid e ci siamo sdraiati in attesa dell'oscurità (faceva molto caldo, ci siamo tolti anche le scarpe).
Era proprio una bella situazione, quando ci si addentra in quella che viene comunemente chiamata "età di mezzo", presi dalla malinconia per gli anni passati troppo in fretta si va continuamente in cerca di emozioni che possano in qualche modo ricondurre agli anni in cui l'unico modo per rimanere appartati con una ragazza era quello, appunto, di andare in camporella. E di fare tutto ciò che, almeno venticinque anni prima, in camporella si faceva.
Presi dall'atmosfera particolarmente romantica e bucolica, abbiamo cominciato a lasciarci andare a confidenze entrando in intimità (non completamente in intimità, voglio specificarlo chiaramente) e ho potuto così verificare qual è, ad una certa età, la differenza tra pensiero ed azione: dove la mente va quasi istantaneamente, il corpo incomincia a fare un po' di fatica ad starle dietro.
Tutto ciò descritto era comunque molto piacevole, a volte non è necessario "andare fino in fondo" per provare piaceri che diventano, con il tempo, sempre più di tipo "cerebrale", era una situazione così rilassata e rilassante che ero in una condizione che potrei quasi definire tra il sonno e la veglia. Alla mia età, l'estasi la si può anche definire così. Credo.
Ad un tratto, un grido da parte della ragazza squarcia le tenebre e mi riporta alla realtà che tanto faticosamente ero riuscito ad abbandonare.
- Che succede? - grido io.
- Mi ha morsicato una bestia! - urla la ragazza, che intanto si era alzata in piedi.
- Ma quale bestia? - rigrido io, che intanto, molto impacciato, mi ero alzato e mi stavo guardando verificando che tutto fosse a posto, che non fossi io "la cagion del suo male".
- Quella là! - indica lei levando il dito contro una massa scura che si stagliava a pochi passi da noi.
- Ma che cos'è, un gatto? - dico io abbassandomi un po' e socchiudendo gli occhi per meglio vedere nella semioscurità.
- Ma no - dice lei con una voce che indicava sconforto e disappunto nei miei confronti per la mia poca perspicacia - E' una volpe!"
La bestiaccia, grande come un cane da compagnia e con una coda lunga mezzo metro, che ancora non se ne andava e stava lì guardandoci come se fossimo stati noi a rovinare la serata a lei e non viceversa, si era avvicinata e, mentre noi eravamo in quella condizione di, come posso dire, "assorbimento" reciproco, aveva addentato la caviglia della ragazza.
- Porca puttana! - dico io (sì, ho detto proprio così) - Vai via mala bestia, bestiaccia schifosa che non sei altro, bestia de la mala sorte! (mi sono ritornati alla mente, chissà perché, gli improperi che Vittorio Gassman-Brancaleone rivolgeva al suo improbabile cavallo Aquilante nel capolavoro "l'Armata Brancaleone").
Ho cercato alla svelta ("alla veloce", si dice da queste parti) il telefono, ho acceso la luce tramite la specifica applicazione e gliel'ho puntata contro. - Vade retro, Satan! - (sempre su licenza del maestro Monicelli).
Insomma, molto trafelati ci siamo rimessi le scarpe, abbiamo raccolto "le nostre piume" e siamo corsi alla macchina, destinazione pronto soccorso. Sì, perché le volpi sono portatrici di malattie endemiche come la rabbia (e la mia ragazza mi sembrava già abbastanza arrabbiata per conto suo, in quel momento), bisognava quindi rivolgersi ad un medico per le opportune vaccinazioni.
"Torpedo blu" a centotrenta, mano sul clacson e fazzoletti bianchi incastrati nei finestrini (questo è davvero un classico, si usava molto a fine anni settanta inizio-anni ottanta), siamo arrivati in pronto soccorso dove, al momento della descrizione dell'evento occorsoci, abbiamo trovato un'infermiera che ci ha rivolto (con molta ironia, devo dire) la seguente domanda: "Ma come avete fatto?". Ecco, da parte di una persona che normalmente il sabato sera si vede arrivare persone con le cose più improbabili "incastrate" dentro quando non addirittura due (o più persone) "incastrate" fra di loro questa domanda proprio non me l'aspettavo. Ma tant'è.
Codice verde, ovvero notte passata in ospedale, diciotto "casi" prima del nostro. Quale migliore occasione per approfondire la conoscenza di noi stessi, e di farlo sotto un profilo puramente intellettuale? Non chiedevo di meglio, un'approfondita conoscenza di due persone inizia e passa attraverso il dialogo, soprattutto quando si è in situazioni che non consentono di "distrarsi" diversamente.
Siamo usciti dal pronto soccorso che era quasi l'alba, di stelle neanche l'ombra (chiedo scusa, questa mi è proprio uscita così, non l'ho fatto apposta), l'ho riaccompagnata a casa augurandole una buona notte (ma come faccio, a volte, ad essere così inopportuno?) e me ne sono tornato a casa.
Lungo il tragitto che mi separava dalla mia abitazione ho tratto le mie conclusioni, mi considero una persona molto positiva (eccezion fatta per dei momenti di sana disperazione, come tutti gli "umani", del resto) e mi piace guardare il lato buono delle cose. E c'è sempre qualcosa di buono anche nell'evento più nefasto, basta riuscire a vederlo.
Per esempio, mi sono immaginato cosa sarebbe potuto succedere se la volpe avesse tardato il suo intervento, se ci avesse aggrediti anche solo un'ora più tardi e si fosse accanita, diciamo, su parti meno nobili di una bella caviglia, magari in punti più sensibili (sto pensando alla mia, di sensibilità). Allora sì, che sarebbe stato davvero difficile trovare qualcosa di positivo nella vicenda.
E poi quella notte in pronto soccorso è servita. Dalla conversazione in quella sala d'attesa ho capito che, pur essendo molto bella, quella ragazza non era proprio per me e, tanto meno, io per lei, voglio sottolineare. Non eravamo fatti l'uno per l'altra e l'abbiamo scoperto in pronto soccorso, normalmente è così che succede.
Ed è stata una volpe (e neanche delle più furbe) ad aiutarci ad imboccare la strada giusta. O, meglio, le strade giuste, io la mia e lei la sua. Due strade diverse.
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