Un incipit
Una rosa rossa.
E' esattamente ciò che vedo di fronte a me, seduto a scrivere al tavolo della cucina, se alzo appena lo sguardo... una rosa rossa in un lungo e sottile vaso di vetro trasparente.
Un regalo, raramente ne ricevo sotto forma di fiori. Di tanto in tanto mi capita di passare davanti alla vetrina del negozio poco sotto casa mia, guardo i fiori esposti, entro e ne compro qualcuno, così, senza confezione né fiocco né pacco regalo. Compro dei fiori per me.
La fioraia, poco abituata a richieste di questo tipo (molto spesso le confezioni che riesce a realizzare risultano addirittura più belle delle composizioni floreali in esse racchiuse), mi guarda un po' incuriosita ed allora provo a spiegarle quanto mi piacciano i fiori e che ogni tanto provo il desiderio di metterne qualcuno in casa.
Mi mettono allegria, le dico.
Non si tratta propriamente di allegria, anche se i colori che certi fiori esprimono sono un inno al buonumore ed alla spensieratezza ed il loro profumo riconduce a ricordi del passato quasi dimenticati.
In realtà il sentimento che riconduco ai fiori è quello dell'amore. Amo i fiori, le rose soprattutto, rimango incantato dalla loro grazia e dalla loro bellezza, c'è un intero universo nel bocciolo di un fiore che sboccia e fiorisce, un universo del quale io cerco, osservandolo attentamente, di carpire il significato.
A volte li fotografo, i fiori, mi piace fermare con lo scatto di una macchina fotografica il momento in cui essi regalano a chi li osserva il loro pieno splendore.
Questa grazia e questa bellezza sono esattamente quelle che ricerco in tutte le manifestazioni della natura ed in tutte le cose belle che l'uomo, misurandosi con sé stesso, riesce a partorire, a creare, magari dal nulla. Altrettanta grazia e bellezza si possono ritrovare in un gesto nobile, in un'azione compiuta a fin di bene, in un bel verso di una poesia, in uno sguardo, in un sorriso silenzioso. Sono profondamente innamorato delle cose belle ed i fiori sono tra le più belle cose che si possano osservare, essi vivono di vita propria.
I fiori sono un chiaro ed evidente simbolo dell'impermanenza: essi sbocciano, fioriscono, appassiscono ed inevitabilmente muoiono, concludendo così, inconsapevolmente, il loro ciclo vitale.
E' così anche per gli esseri umani: essi nascono, crescono, vivono, invecchiano e, altrettanto inevitabilmente, muoiono. Molti di essi, passando attraverso l'esperienza della loro vita terrena, non riescono a fiorire mai, nemmeno una volta, dimentichi del fatto che il loro destino è segnato ed è comune a quello di tutti gli altri uomini.
Un monaco zen, interrogato sulla differenza tra la consapevolezza e la non-consapevolezza rispose che “è la stessa differenza che passa tra un uomo vivo ed un uomo morto. Sta a noi decidere se essere vivi o non esserlo, dipende solo ed esclusivamente da noi.”
Esperienza e consapevolezza, due termini dal diverso significato ma che, per certi versi, viaggiano spesso insieme, fianco a fianco, a volte incontrandosi, altre volte prendendo strade così diverse da non riuscire a scorgersi nemmeno lontanamente.
Possiamo decidere di essere consapevoli e per farlo dobbiamo metterci alla ricerca di risposte a domande spesso antiche quanto l'uomo stesso: chi sono, perché sono qui, dove sto andando, dove vorrei andare, con chi vorrei affrontare il cammino che ho deciso di percorrere.
Un amico mi ripete spesso: “L'essere umano è progettato per porsi delle domande, non per darsi delle risposte”. In parte quel mio amico ha ragione, molto spesso accade che le domande che ci poniamo non abbiano una risposta ben precisa, oppure non ce l'abbiano affatto, o ancora che la risposta stessa sia ben diversa da quella che ci saremmo mai aspettati di trovare.
Nonostante questo vale comunque sempre la pena di interrogarsi, di non smettere mai di farlo, in quanto questo è l'unico modo per tentare di raggiungere la piena consapevolezza di sé stessi. Di essere, in qualche mondo, vivi. Di sentirsi vivi.
Tra le persone che hanno deciso di essere consapevoli, ce ne sono di particolarmente fortunate che, attraverso diverse esperienze, anche negative, hanno avuto la possibilità di fiorire molte volte nel corso della propria vita; dopo essere appassite, sfiorite, annientate dai casi della vita (ma veramente esiste qualcosa che accade per caso?) sono sbocciate e fiorite nuovamente, regalando così la propria rinnovata bellezza a sé stessi e a chi era loro vicino.
Per poter beneficiare di tale privilegio, quello di nascere nuovamente, si deve essere disposti a ricevere un dono, non solo, bisogna anche essere nell'inclinazione d'animo giusta per accettare questo dono. Un dono, un regalo molto semplice, il più delle volte: una parola dolce, uno sguardo particolare, una stretta di mano gentile, un alito di aria fresca sul viso, ma proprio in quanto semplice risulta a volte difficile da comprendere, da ricondurre alla ragione, da inserire in uno schema mentale.
Oppure, ancora più semplicemente, una rosa rossa da mettere in un lungo e sottile vaso di vetro, che sia testimone del grande dono ricevuto. Quella rosa prima o poi appassirà ma il suo ricordo, vivo nella memoria, ricondurrà alla fioritura straordinaria della quale noi siamo stati protagonisti.
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